La tecnologia aumenta PCO (Photocatalytic Oxidation) ha suscitato molto interesse come metodo innovativo per la purificazione e la disinfezione dell’aria. Le potenzialità potrebbero essere notevoli, ma la realtà sperimentale e normativa mostra limiti che non possono essere ignorati.
LA TECNOLOGIA
Gli studi indipendenti hanno evidenziato che la tecnologia PCO può produrre sottoprodotti indesiderati, come formaldeide e acetaldeide, soprattutto quando viene utilizzata in condizioni realistiche e con alti flussi d’aria.
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EFFICACIA TEORICA E RISCHI POTENZIALI
- Produzione di ozono: sebbene molti produttori dichiarino che i sistemi PCO siano privi di emissioni, diversi test hanno evidenziato la possibilità che vengano generate piccole quantità di ozono. Anche a basse concentrazioni, l’ozono è riconosciuto come sostanza nociva per la salute umana, in grado di irritare le vie respiratorie e peggiorare patologie preesistenti.
- Formaldeide e sottoprodotti secondari: la degradazione dei VOC tramite PCO può portare alla formazione di sottoprodotti intermedi come la formaldeide, sostanza classificata come cancerogena. In questo modo si rischia di sostituire un inquinante con un altro altrettanto o più pericoloso.
- Efficacia contestata: diversi studi e analisi di ambienti reali hanno sollevato dubbi sull’efficacia dei sistemi PCO rispetto ai risultati in condizioni di laboratorio controllate. Le affermazioni commerciali spesso troppo ottimistiche hanno portato a contestazioni legali e a posizioni critiche da parte di enti regolatori.
- Assenza di validazioni indipendenti: molte valutazioni sulle prestazioni dei sistemi PCO si basano su test interni o non standardizzati condotti dai produttori stessi. Questa mancanza di verifiche indipendenti ha alimentato ulteriori perplessità circa la reale sicurezza ed efficacia della tecnologia.
LA POSIZIONE DI ASHRAE
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DICHIARAZIONI COMMERCIALI IRREALISTICHE
- Potenza insufficiente: le potenze UV impiegate sono così basse che, anche se perfettamente convertite in “radiazione attiva”, non possono garantire l’inattivazione microbica completa su portate così elevate.
- Tempo di esposizione: a 4000 m³/h il tempo di contatto fra aria, luce e catalizzatore è brevissimo (frazioni di secondo), insufficiente per una reazione efficace.
- Rischio di false aspettative: tali dichiarazioni inducono gli utenti a credere in una “sanificazione totale” che in realtà non avviene, con il pericolo di ridurre altre misure comprovate (ventilazione, filtrazione, UV-C a dosi adeguate).

A livello di indirizzi tecnico-regolatori, documenti di EPA e CARB avvertono che i dispositivi possono produrre ozono o altri inquinanti secondari e raccomandano verifiche indipendenti di prestazione e sicurezza; le position statements di ASHRAE richiamano la necessità di prove in edifici reali, con misure di sottoprodotti e limiti alle emissioni.
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Referenze
- Performance of photocatalytic oxidizing air cleaners in different experimental setups – a review - ScienceDirect
- Ultraviolet photocatalytic oxidation technology for indoor volatile organic compound removal: A critical review with particular focus on byproduct formation and modeling - ScienceDirect
- Key parameters influencing the performance of photocatalytic oxidation (PCO) air purification under realistic indoor conditions - ScienceDirect
- Determination and risk assessment of by-products resulting from photocatalytic oxidation of toluene - ScienceDirect
- Photocatalytic oxidation technology for indoor air pollutants elimination: A review - ScienceDirect
- Modeling of by-products from photocatalytic oxidation (PCO) indoor air purifiers: A case study of ethanol - ScienceDirect
- Performance of ultraviolet photocatalytic oxidation for indoor air applications: Systematic experimental evaluation - ScienceDirect
- Evaluation of a Combined Ultraviolet Photocatalytic Oxidation (UVPCO) / Chemisorbent Air Cleaner for Indoor Air Applications lbnl-62202.pdf
